Il Museo Nazionale del Palazzo di Venezia ha ospitato, dal 29 novembre 2013 al 2 marzo 2014, la prima esposizione monografica antologica dedicata al grande pittore veneziano Carlo Saraceni (Venezia, 1579 ca. – 1620).
La mostra, frutto di anni di lavoro, è stata ideata da Rossella Vodret ed è stata curata da Maria Giulia Aurigemma con un comitato scientifico internazionale, costituito da studiosi dei principali musei e istituzioni mondiali, presieduto da Maurizio Calvesi. Il supporto organizzativo è stato fornito da Munus e Civita.
L'artista, che fu uno dei primi e più importanti seguaci e interpreti di Caravaggio, giunse a Roma a circa vent'anni, attorno al 1598 – 1600; nella Città papale fu intensamente attivo per due decenni, riscuotendo grande successo, prima di rientrare per pochi mesi a Venezia, dove morì quarantenne nel 1620. Pittore gentiluomo, colto, benestante e di gusto francese, come attestano più fonti, interpretò con profondità la cultura artistica del suo tempo.
Le opere (poco più di sessanta), alcune delle quali restaurate in occasione della mostra, provenivano da chiese, musei e collezioni internazionali. Alcune di queste, selezionate in numerosi Paesi europei e negli Stati Uniti, sono state esposte per la prima volta in Italia. Grazie ai restauri è stato possibile ammirare i dipinti nel loro ritrovato splendore cromatico, offrendo nuove opportunità di lettura dei vari aspetti dell'opera del grande artista veneziano.
Tra le opere giovanili, lo smagliante Paradiso del Metropolitan Museum di New York; da Madrid l’intrigante Venere e Marte (collezione Thyssen), come pure la Giuditta (collezione privata) improntata al quadro di Lotto e per la prima volta in pubblico. Una delle opere più coinvolgenti e complesse è il Diluvio Universale, ritrovato in un convento di clausura nella penisola sorrentina, e già in collezione Orsini, il cui restauro per la mostra e le ricerche documentarie hanno confermato l’autografia.
Inoltre, il confronto tra le grandi pale del periodo maturo; tra loro, l’Ostensione del Sacro Chiodo con San Carlo Borromeo (Roma, San Lorenzo in Lucina) nuovamente equilibrato nei colori grazie alla pulitura, particolarmente rivelatrice delle cromie e velature, delle quattro tonalità di rosso, di bianco e di blu-nero, del fondo totalmente oscurato da cui emergono la reliquia al centro e il crocifisso in alto. La lunga elaborazione dell’opera da parte del pittore si è ancor meglio manifestata attraverso le indagini diagnostiche e l’evidenza dei pentimenti (soprattutto le mani sul legno della croce, ma anche le teste).
La vasta produzione artistica del pittore, dalle grandi pale ai piccoli raffinati rami, si lega ai nomi dei principali committenti religiosi ed aristocratici del suo tempo, nonché ad importanti imprese pittoriche – come la partecipazione alla grande decorazione ad affresco del fregio della Sala Regia al Quirinale voluta dal papa Paolo V Borghese – offrendo un prezioso spaccato della cultura figurativa primo secentesca, in particolar modo romana.
La mostra ha messo a fuoco sia l’evoluzione stilistica del pittore, dal naturalismo nordico dei primi paesaggi al caravaggismo, sia il vivace contesto in cui operò, indagando alcuni notevoli aspetti della sua attività, l’equilibrio compositivo, il colore pastoso, la luminosità, in opere per committenti privati come in pale pubbliche, il dialogo sentito tra i personaggi raffigurati.
Una sala era dedicata alla diffusione del suo linguaggio attraverso la scuola, perfettamente organizzata, ove spicca il lorenese Le Clerc, contribuendo alla fama di Saraceni, alimentata altresì dalla circolazione delle sempre più numerose repliche, incisioni, copie di alta qualità.
Erano anche presenti alcuni dipinti attribuiti a Saraceni piuttosto che all’enigmatico “Pensionante del Saraceni”. Sono infine stati trattati i documentati rapporti internazionali (Spagna, Baviera, Lorena, Fiandre) che legano l’opera del veneziano al panorama artistico internazionale.
Il catalogo della mostra è edito da De Luca Editori d'Arte.